05
Dic

Industria a zero emissioni

La transizione ecologica non è un freno all'industria. Decarbonizzazione non significa deindustrializzazione. Al contrario, abbiamo di fronte una grande opportunità di business e di rilancio del nostro settore manifatturiero.

Che la transizione ecologica avvenga in modo rapido o lento, che arrivi prima in Europa, negli Usa o in Cina, una cosa è sicura: il futuro appartiene a chi produrrà batterie, celle a combustibile, elettrolizzatori, pannelli solari, pale eoliche, biocarburanti e pompe di calore.

La transizione ecologica non è un freno all'industria. Decarbonizzazione non significa deindustrializzazione. Al contrario, abbiamo di fronte una grande opportunità di business e di rilancio del nostro settore manifatturiero, dove l'Italia è il secondo Paese dell'Ue, a patto però di investire nelle tecnologie del futuro, oltre che di legiferare con saggezza, ascoltando tutte le categorie senza furori ideologici. 

Per questo sono particolarmente soddisfatta del fatto che, dopo il lungo lavoro che abbiamo fatto in commissione Industria, lo scorso 21 novembre al Parlamento europeo a Strasburgo siamo riusciti ad approvare, con 376 voti favorevoli, 139 contrari e 116 astensioni, il Net-Zero Industry Act, ovvero la Legge per le industrie a zero emissioni nette.

La normativa stabilisce l'obiettivo di produrre all'interno dell'Ue il 40% delle tecnologie a zero emissioni nette, così come definite nei piani nazionali per l'energia e il clima (PNIEC), e di conquistare il 25% del valore del mercato globale relativo a queste tecnologie, entro il 2030.

Sono due le classificazioni dei progetti che saranno sostenuti: progetti di produzione tecnologica a zero emissioni nette e progetti strategici per tecnologie a zero emissioni nette. Si mira anche a razionalizzare le procedure di rilascio delle autorizzazioni, fissando un calendario di 9-12 mesi per i progetti regolari e da 6 a 9 mesi per i progetti strategici da autorizzare.

Inoltre abbiamo proposto anche la creazione di iniziative dal titolo "Distretti a zero emissioni nette” (in inglese “Net-Zero Industry valleys”), per accelerare i processi di autorizzazione, delegando parti della raccolta di prove di valutazione ambientale alle autorità nazionali.

I finanziamenti per raggiungere gli obiettivi della normativa saranno presi dai fondi finanziati dalle entrate del sistema di scambio di quote di emissione (ETS) e dalla piattaforma Strategic Technologies for Europe (STEP). 

Non c'è dubbio che si tratti di obiettivi ambiziosi, dal momento che oggi l'Europa importa la maggior parte delle tecnologie energetiche pulite necessarie per raggiungere gli obiettivi climatici che ci siamo dati. Ma questa normativa votata dal Parlamento europeo vuole essere il primo passo per un deciso cambio di rotta. In gioco ci sono i 600 miliardi di euro all'anno, che è il valore del mercato mondiale delle tecnologie a zero emissioni entro il 2030.

Dopo anni di critiche all'Unione europea, accusata di occuparsi solo di zero virgola, questo è il primo mattone di una vera politica industriale che guarda al futuro, finanziata con soldi europei. Il primo passo, auspichiamo, verso un vero e proprio fondo europeo di sovranità.


Patrizia Toia