20
Lug

Il regolamento Ue sul ripristino della natura

La legge sul ripristino della natura e degli habitat è uno dei pilastri delle politiche sulla sostenibilità della Commissione von der Leyen. Punta a istituire obiettivi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri per il ripristino o la protezione degli ecosistemi compromessi o in pericolo. Tra gli obiettivi c’è anche quello di combattere il cambiamento climatico, fissando quote di tutela o ripristino degli ecosistemi naturali terrestri e marini, sottraendoli allo sfruttamento.

Pochi giorni fa le forze conservatrici europee hanno conosciuto una sconfitta molto importante sulla Nature Restoration Law, la legge sul ripristino della natura che il Parlamento ha approvato con un voto risicatissimo. 

Un passaggio importante per due ragioni. Per il merito della legge, un pezzo fondamentale del Green Deal con cui l’Europa si candida a guidare lo sforzo globale per invertire gli effetti del cambiamento climatico. E per il contesto politico in cui il voto è maturato.

La legge sul ripristino della natura e degli habitat è uno dei pilastri delle politiche sulla sostenibilità della Commissione von der Leyen. Punta a istituire obiettivi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri per il ripristino o la protezione degli ecosistemi compromessi o in pericolo. Tra gli obiettivi c’è anche quello di combattere il cambiamento climatico, fissando quote di tutela o ripristino degli ecosistemi naturali terrestri e marini, sottraendoli allo sfruttamento.

Dopo essere stata approvata dal Consiglio europeo, cioè dai governi dei Paesi membri, negli ultimi mesi la legge è stata oggetto di una feroce campagna da parte del PPE, in raccordo con altri spezzoni e gruppi. 

I conservatori sostengono che la riforma avrà impatti negativi su agricoltori, selvicoltori e pescatori e potrebbe persino minacciare la sicurezza alimentare. Tutte idee che la Commissione, le ONG ambientaliste e gli scienziati respingono con forza, sostenendo che la tutela della natura può benissimo coesistere con l’iniziativa economica e produttiva. Anzi: le analisi più attendibili sottolineano come i veri rischi, anche per l’agricoltura, derivano casomai dai fenomeni meteorologici estremi - che sono una conseguenza del cambiamento climatico. 

Ma, come dicevo, il voto ha avuto un forte significato anche politico. Di fatto è stato fermato il tentativo della leadership dei Popolari di dar vita a un’alleanza alternativa con le destre radicali, unite dalla totale contrarietà alle politiche di sostenibilità. Per fortuna hanno vinto la ragionevolezza e la sensibilità di 21 parlamentari del PPE, che hanno votato - in dissenso dalla linea del loro vertice - con noi del gruppo S&D, con i Verdi e con gran parte del gruppo Renew.

Ma la battaglia continua. Non solo per le fasi successive di approvazione del regolamento, ma anche in vista delle Europee 2024. È evidente che la destra punterà a dipingere come irrealistiche e dannose le politiche ambientali, cercando su questo un’alleanza tra PPE e forze estremiste. Un’idea falsa, perché l’ecologia non è nemica dello sviluppo economico: ma che può risultare persuasiva, in una fase di crisi economica. 

Sarà una battaglia all’ultimo voto, tra chi come noi pensa che l’agenda ambientale sia ormai fondamentale, perché non c’è futuro in un mondo compromesso, e chi per biechi risvolti propagandistici promette a tutti gli interessi economici forti di tenere in piedi politiche ormai anti-storiche.

Nei prossimi mesi, e nei prossimi anni, dovremo tutti decidere da che parte stare.

Achille Variati