I diritti delle donne sono oggi messi in pericolo in tutto il mondo, ad opera di minoranze retrograde e staccate dal resto della società. Lo vediamo oggi in Texas così come in Polonia. E lo vediamo in Italia, dove molte donne non hanno accesso a un diritto garantito dallo Stato, a causa della carenza di medici non obiettori.
Il 24 giugno 2022 la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha ribaltato la storica sentenza Roe v. Wade, con cui nel 1973 si era garantito a livello federale il diritto costituzionale all’aborto. È un momento grave per le donne negli USA e nel mondo. Per le donne negli Stati Uniti, i cui diritti sessuali e riproduttivi sono ora a rischio, in molti casi già violati. Per le donne nel resto del mondo, perché la decisione è un ulteriore tassello dell’involuzione in corso nella lotta per i diritti di genere, già minata fortemente dalla pandemia di Covid-19.
Il Parlamento Europeo nella plenaria di luglio a Strasburgo ha preso una posizione molto chiara, anche grazie al lavoro del gruppo S&D. Con la risoluzione del 7 luglio si è da un lato commentata la decisione della Corte Suprema e le gravi conseguenze che avrà per i diritti delle donne; dall’altro lato si è ripreso il dibattito sulla necessità di tutelare il diritto all'aborto e la salute delle donne nell'UE. Non dobbiamo infatti pensare che le due questioni siano separate. I diritti delle donne sono oggi messi in pericolo in tutto il mondo, ad opera di minoranze retrograde e staccate dal resto della società. Lo vediamo oggi in Texas così come in Polonia. E lo vediamo in Italia, dove molte donne non hanno accesso a un diritto garantito dallo Stato, a causa della carenza di medici non obiettori.
Con la risoluzione vogliamo innanzitutto esprimere la nostra piena e incondizionata solidarietà alle donne sul territorio americano e a tutte coloro i cui diritti sessuali e riproduttivi non sono oggi garantiti. Sappiamo che questa decisione colpisce in modo sproporzionato le donne in condizioni di povertà, e che vivono discriminazioni su più livelli, da quello etnico e razziale a quello dell’identità di genere. Non siete sole. La maggioranza dei cittadini europei e dei cittadini statunitensi è con voi. E come rappresentanti dei cittadini, anche noi siamo pronti a lottare per i vostri diritti.
In secondo luogo, bisogna chiarire – purtroppo ancora una volta – che rendere illegale l’accesso all’aborto, non elimina l’aborto. Elimina solo le garanzie per la salute e la vita delle donne che intendono interrompere la gravidanza. Rendere illegale l’aborto costringe solamente a viaggi più costosi in luoghi dove l’aborto legale e sicuro è accessibile. O – ancora peggio – obbliga chi non può permettersi questi viaggi a tentare di abortire in luoghi dove mette a rischio la propria vita, senza accesso a servizi medici sicuri e con gravi conseguenze per la propria integrità fisica e psicologica.
In terzo luogo, dobbiamo ribadire che essere a favore della garanzia di questo diritto non significa imporre l’aborto a nessuno. Significa consentire alle donne di decidere del proprio corpo. E significa negare, ancora una volta, la logica del patriarcato, secondo cui invece spetta ad altri (di solito a uomini) decidere cosa fare del corpo delle donne. Questa scelta funziona in entrambe le direzioni: tutte le donne che desiderano portare a termine la propria gravidanza devono poterlo fare in piena sicurezza.
È tempo di reagire a questa ondata fondamentalista, riaffermando i diritti sessuali e riproduttivi di tutte le donne nella loro diversità. Per questo motivo siamo orgogliosi, come europarlamentari, di avere confermato l’importanza di questi diritti, come già avevamo fatto lo scorso 24 giugno 2021. E per questo motivo chiediamo di consacrare questo diritto nella Carta dei Diritti Fondamentali, di modo che si riprenda il cammino verso la parità di genere.
Pina Picierno