03
Dic

Le condizioni dei migranti al confine tra Polonia e Bielorussia

Serve un intervento immediato che garantisca di prestare aiuto e soccorso e, poi, di fornire libero accesso alla presentazione della richiesta d’asilo. Tutte cose oggi assolutamente impedite poiché attualmente non vi è alcuna possibilità per le persone presenti nella zona della “foresta” di poter formulare la richiesta di protezione e accoglienza, nel pieno rispetto delle regole vigenti in Europa.

Al confine tra Polonia e Bielorussia la situazione è drammatica e non si può perdere altro tempo.

Cosa intendono fare, in questo contesto, di fronte a quel che stanno vivendo le donne, gli uomini, le bambine, i bambini intrappolati nella cosiddetta "zona rossa", la comunità internazionale, gli Stati europei, le istituzioni comunitarie? Cosa intendono fare di fronte a quel che stanno vivendo sulla propria pelle i migranti, costretti a vivere nell’area di foresta che è diventata un’inaccessibile territorio ostile dove è a rischio la sopravvivenza? Questo è l'interrogativo che abbiamo posto insieme agli eurodeputati Brando Benifei e Pietro Bartolo al ritorno di una missione nei territori dove poche migliaia di persone tentano di  sfidare il gelo e le pratiche disumane di istituzioni ciniche.

Una domanda che abbiamo già pronunciato dagli scranni del Parlamento europeo in queste settimane e su cui intendiamo insistere. Sono infatti in gioco la dignità delle istituzioni e il senso di responsabilità. E sono in gioco i valori europei, quelli che, con grande disinvoltura, il governo polacco sta ancora una volta calpestando. Le autorità della Polonia, infatti, hanno reagito in maniera scellerata agli atti del regime bielorusso.

A tale proposito non pubblicheremo alcune foto che possono dare fastidio. Ma fidatevi. Le immagini delle schiene e delle braccia dei giovani profughi pestati nelle foreste comprese tra Polonia e Bielorussia sono un bel pugno in faccia. Te le passano di nascosto mentre percorri i corridoi dell'ospedale e ti sussurrano che probabilmente "è stata la polizia".

E pochi minuti dopo vedi piangere una giovane madre curda sdraiata nel letto dell'ospedale, perché, ti spiega, da quando l’hanno ricoverata d'urgenza le autorità polacche non le dicono dove sono finiti i suoi bimbi. "Li hanno messi in un centro, non mi spiegano dove. Quando mi dimetteranno non so se li rivedrò".

La dottoressa, emozionata, ti dice che non può aggiungere molto, il suo volto è segnato dalla paura. Sab invece sorride, è uno yazida sfuggito all'Isis, ha le cosce e le ginocchia devastate dalle torture. Lo incontro in uno dei pochissimi centri di accoglienza esistenti. Allarga le braccia e si domanda perché chiedere asilo in Europa sia tanto difficile pure per lui.

Serve un intervento immediato che garantisca di prestare aiuto e soccorso e, poi, di fornire libero accesso alla presentazione della richiesta d’asilo. Tutte cose oggi assolutamente impedite poiché attualmente non vi è alcuna possibilità per le persone presenti nella zona della “foresta” di poter formulare la richiesta di protezione e accoglienza, nel pieno rispetto delle regole vigenti in Europa. E, inoltre, come stiamo affermando e proponendo da mesi dal Parlamento Europeo, c'è bisogno di una politica sull’immigrazione radicalmente diversa.


Pierfrancesco Majorino