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Mag

Il ruolo dell'Unione europea nella ricerca sul Covid-19

Oggi, grazie agli investimenti fatti in passato e a quelli programmati per il futuro, la Commissione europea ha i mezzi per fare la differenza nella lotta contro il coronavirus che ha messo sotto scacco il pianeta.

di Patrizia Toia Senza una ricerca solida, ben finanziata e veramente europea non c’è sicurezza, non c’è salute e non c’è benessere né competitività economica. Ora, con l’emergenza del Covid-19, è finalmente chiaro a tutti. Fino a qualche anno fa invece eravamo in pochi a insistere a Bruxelles per assegnare fondi sostanziosi alla ricerca. Come vicepresidente riconfermata della commissione Industria, Ricerca ed Energia ho lavorato per aumentare la dotazione del nuovo programma europeo per la ricerca, Horizon Europe, che per il periodo di bilancio 2021-2027 avrà un budget di 80 miliardi di euro, un record per la storia europea, anche se non era quello che chiedevo insieme ai colleghi del Gruppo S&D. Oggi, grazie agli investimenti fatti in passato e a quelli programmati per il futuro, la Commissione europea ha i mezzi per fare la differenza nella lotta contro il coronavirus che ha messo sotto scacco il pianeta. Il mese scorso la Commissione europea ha offerto fino a 80 milioni di euro di sostegno finanziario all’azienda tedesca CureVac per accelerare lo sviluppo e il vaccino contro il virus Sars-Cov-2, quello che provoca la malattia Covid-19 con i suoi devastanti effetti sui polmoni. Nei giorni seguenti l’Ue ha rapidamente mobilitato 48,2 milioni di euro per 18 progetti di ricerca selezionati che attualmente si occupano di test diagnostici rapidi da eseguirsi presso i punti di assistenza, nuovi trattamenti, nuovi vaccini, come pure di studi epidemiologici e modellizzazione per migliorare la preparazione e la capacità di reazione alle pandemie. Ai progetti partecipano 151 gruppi di ricerca di tutto il mondo. Lo scorso 7 aprile inoltre i ministri della Ricerca e dell’innovazione di tutti i 27 Stati membri dell’UE hanno varato il piano d’azione dell’Ue “ERAvsCorona” che comprende azioni a breve termine basate su uno stretto coordinamento, cooperazione, scambio di dati e un impegno comune di finanziamento della Commissione e degli Stati membri. Il piano è incentrato sui principi fondamentali dello Spazio europeo della ricerca, che saranno ora utilizzati al massimo delle loro potenzialità per aiutare i ricercatori e gli Stati membri dell’Ue ad avere successo nella lotta contro la pandemia di coronavirus. Nelle giorni scorsi, infine, l’Ue ha promosso una Conferenza internazionale dei donatori che ha raccolto miliardi di euro per la ricerca di vaccini, trattamenti e test. Dopo i rifiuti di Trump all’OMS e il no della Cina, l’Europa si è mossa e si è fatta alfiere di una battaglia scientifica cui hanno aderito, oltre a Giuseppe Conte, anche la Merkel e Macron, Charles Michel e la Presidente Ursula Von der Leyen. Anche questa è una “via europea alla cooperazione internazionale” e ed è un’affermazione di valori su cui l’Europa può costruire un importante ruolo geopolitica. Va anche ricordato che l’efficacia della ricerca scientifica non è legata solo alla quantità dei finanziamenti ma anche alla capacità di creare un vero Spazio europeo per la ricerca. Per questo lo scorso 20 aprile la Commissione ha varato una piattaforma europea di dati sulla Covid-19, per consentire una rapida raccolta e condivisione dei dati di ricerca disponibili. Ora ci aspettiamo che nelle prossime settimane il Consiglio europeo trovi rapidamente un accordo sul prossimo bilancio settennale dell’Ue, che sarà anche la base del nuovo Recovery Fund. Alla luce dell’emergenza che stiamo vivendo non hanno più senso le resistenze dei Paesi del Nord, i sedicenti “Paesi frugali” che in passato hanno bloccato l’approvazione del già piccolo bilancio Ue per togliere qualche zero virgola. Oggi è chiaro a tutti che ogni euro investito in ricerca può evitare milioni di euro di danni e che soprattutto può salvare vite umane.