20
Ott

Il PNRR e il futuro del Mezzogiorno

Il Piano prevede la territorializzazione del 40% degli investimenti a favore del Mezzogiorno. Questo, confermato nei fatti, rappresenterebbe un chiaro segnale che punta alla riduzione del divario tra le aree del Paese, superando gli stereotipi sulla capacità produttiva delle differenti aree geografiche.

Negli obiettivi di riequilibrio economico e sociale del PNRR sono riposte le sorti delle prossime due generazioni del nostro Paese, ed in particolare del Mezzogiorno. 

Il riequilibrio economico-sociale e, quindi, l’applicazione dei principi della Politica di Coesione devono essere la base su cui fondare lo sviluppo sostenibile del Nostro Paese, anche nell’ambito dello scenario geopolitico mondiale. 

Le previste riforme della Pubblica Amministrazione e della Giustizia, gli investimenti strutturali per la mobilità di persone e dati, la rivoluzione verde, i sostegni all’istruzione e alla ricerca, il focus sulla sanità sempre più vicina ai cittadini, sono strumenti che vanno in direzione della Coesione. 

Obiettivo, questo, che sarà raggiunto se da slogan si tramuterà in reale politica finalizzata a supportare non solo le aree urbane e le città metropolitane, ma anche quelle aree marginali che negli ultimi decenni hanno registrato una decrescita “infelice”.A tal proposito, il Piano prevede la territorializzazione del 40% degli investimenti a favore del Mezzogiorno. 

Questo, confermato nei fatti, rappresenterebbe un chiaro segnale che punta alla riduzione del divario tra le aree del Paese, superando gli stereotipi sulla capacità produttiva delle differenti aree geografiche. Questo approccio, però, richiede che il Piano sia utilizzato per risolvere quei problemi e mancanze ataviche (tra i quali l’inesistenza di asili nido nelle aree interne, carenza di collegamenti nei trasporti, drastica riduzione della sanità pubblica, e altro) frutto di un’interpretazione quantitativa che ha incentivato lo spopolamento e l’impoverimento di quelle aree. 

Infatti, è giunto il momento che le strategie del Paese non siano più legate a statistiche sugli andamenti economici, come se fosse una società quotata in borsa che considera i destinatari come asettici azionisti a cui distribuire i rendimenti. Per invertire questa tendenza puramente manageriale, il Governo e la politica territoriale, grazie al reclutamento di adeguate competenze e alla creazione di uffici preposti, dovranno cantierare le opere e raggiungere gli obiettivi di spesa. Ed è importante che questi lo facciano tenendo conto delle condizioni antropologiche e culturali e delle risorse e competenze produttive dell’eterogeneo territorio nazionale. 

Solo in questo modo sarà possibile indirizzare il nostro Paese verso le condizioni di sostenibilità economica, sociale ed ambientale in cui vorremmo vivessero le future generazioni.

Andrea Cozzolino