Ogni minuto circa cento alberi vengono tagliati per soddisfare il bisogno a chi vive in Europa di caffè, cacao, carne e altri prodotti. Qualcuno riesce a credere che, nell’era della robotica e dell’intelligenza artificiale, questo serva alla competitività dell'Europa? Eppure, nella sessione plenaria del Parlamento europeo di novembre, la cosiddetta “maggioranza Giorgia” di destra ed estrema destra si è alleata ancora una volta per affossare la nuova legislazione europea sulla deforestazione, nonostante l'entrata in vigore molto graduale, le esenzioni per le piccole e medie imprese, per l'editoria e i tanti ritocchi del compromesso che avevamo concordato con il PPE.
La nostra delegazione del Partito Democratico ha votato contro, dimostrando che un atteggiamento costruttivo e la disponibilità al compromesso non sono un assegno in bianco per distruggere il Green Deal per miopi calcoli elettoralistici. Tutto questo mentre a Belém, nel cuore dell’Amazzonia, l'ultimo grande polmone verde del pianeta in grado di assorbire una parte dell'eccesso di emissioni, i grandi della Terra non sono riusciti a trovare un accordo su una roadmap per liberarsi dalle fonti fossili.
Per difendere davvero la competitività europea e coniugarla con la sostenibilità servono investimenti e integrazione europea, come indicato dal rapporto Draghi. Esattamente il contrario di ciò che vogliono i sovranisti.
Fortunatamente, abbiamo vinto la battaglia sul bilancio UE per il 2026, scongiurando il taglio di 1 miliardo e 300 milioni chiesto dai governi di destra e aumentando il totale di 260 milioni. Sosteniamo un'idea di Europa diversa, un'Europa che fa di più, un'Europa che pensa ai giovani, alla creazione, che è votata all'innovazione e che non taglia sull’università. Il bilancio è il punto più importante e ora continueremo questa battaglia nel negoziato sul bilancio UE per i prossimi sette anni, 2028-2034, che parte con una proposta senza ambizioni, l'opposto di ciò che aveva chiesto Draghi: un'Europa con il coraggio di guardare al futuro.